@article{Sartori_2014, title={Sguardo di madre – Ordine simbolico, colpa e liberazione in "Una bambina e basta" di Lia Levi}, url={https://www.altrelettere.uzh.ch/article/view/al_uzh-24}, DOI={10.5903/al_uzh-24}, abstractNote={<span>Il libro di Lia Levi preso in esame si presta a essere letto sia come un documento riguardante la persecuzione degli ebrei in Italia, sia come la testimonianza d’una infanzia negata, in cui la giovanissima protagonista è alla ricerca di sé, in un mondo intriso di retorica maschilista. Il contributo analizza innanzitutto il dispositivo colpevolizzante approntato dall’ordine simbolico dell’antisemitismo, e pone in evidenza come il suo meccanismo sia analogo a quello all’opera nell’ideologia del dominio di genere. Desumendo dalla riflessione di Adriano Cavarero la categoria dello ’sguardo’, il saggio ne segue lo sviluppo nella storia di Lia Levi, dapprima soffermandosi sul rapporto della bambina con il mondo adulto, quindi sul rapporto senza infingimenti – ma sempre teso tra percezione della colpa e liberazione – con la madre. Si delineano così alcuni luoghi simbolici in cui la bambina ritaglia uno spazio di appartenenza a sé sottratto alla storia, alla violenza voluta dall’uomo. Quel che riesce a far fronte a un mondo orribile, d’altra parte, non è il ’diritto’ escogitato dall’ordine simbolico maschile, del padre, ma l’ostinazione dello sguardo materno a cui la bambina è esposta sin dalla nascita, nella sua fragile creaturalità e carnalità. Sono centrali, a questo punto dell’esame del testo di Levi, non solo le riflessioni di Cavarero ispirate da Hannah Arendt, ma anche quelle di Theodor. W. Adorno e Jacques Derrida. Proprio il riconoscimento conferito da uno sguardo femminile che salva dal dominio e dalla violenza è ciò che in conclusione restituisce alla bambina di Lia Levi una vita senza attributi, degna d’essere vissuta per il semplice fatto d’essere stata generata da una madre.</span>}, journal={altrelettere}, author={Sartori, Andrea}, year={2014}, month={nov.}, pages={152–171} }