Alice Ceresa tra autobiografia e deformazione

autori/autrici

  • Francesca Rodesino

DOI:

https://doi.org/10.5903/al_uzh-95

parole chiave:

Alice Ceresa, letteratura di lingua italiana, Archivio Svizzero di Letteratura, autobiografismo, autobiografie immaginarie

abstract

Nella sua gioventù, Alice Ceresa ha vissuto un legame contrastato con la scrittura del sé, come ben dimostrano i suoi diari e alcune sue riflessioni pubbliche, risalenti agli anni Quaranta. In questi testi emerge l’immagine di un’autrice consapevole della necessità di superare la scrittura autobiografica, nonostante un’inclinazione e un forte interesse di lettrice per tale forma espressiva. Nello stesso periodo, e più precisamente tra il 1946 e il 1947, Ceresa si confronta direttamente con questa materia, cimentandosi nella scrittura di quattro brevi racconti, in cui dà forma a un’elaborazione molto originale del rapporto tra autobiografismo e invenzione letteraria. Questo cantiere letterario giovanile di Ceresa, che per comodità qui chiameremo delle “autobiografie immaginarie”, è infatti attraversato dal desiderio dell’autrice di sperimentare il rovesciamento del genere letterario massimamente votato al racconto diretto del sé. Infatti, in questi scritti — che l’autrice titola o sottotitola ironicamente “autobiografie” — troviamo quattro personaggi molto distanti dall’identità di Ceresa, che descrivono in prima persona la propria vita: un cannibale, un bambino piccolo, un uomo di successo e un anziano con la barba. In questo articolo si presenta l’inedito cantiere dell’autobiografismo immaginario di Ceresa che, come le altre carte dell’autrice, è conservato nel Fondo Ceresa della Biblioteca nazionale svizzera di Berna, all’interno dell’Archivio svizzero di letteratura, contestualizzandolo nella riflessione poetica coeva dell’autrice, nonché nella sua più vasta produzione narrativa. Oltre a ciò, si avanzano alcune interpretazioni tematiche e stilistiche dei testi, prendendo in esame i primi due racconti.

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In her youth, Alice Ceresa experienced a thwarted connection with the writing of the self, as her diaries and some of her public reflections, dating back to the 1940s, well demonstrate. In these texts emerges the image of an author aware of the need to move beyond autobiographical writing, despite a strong inclination and interest as a reader in such forms of expression. In the same period, and more precisely between 1946 and 1947, Ceresa directly confronted this subject, trying her hand at writing four short stories, in which she gives shape to a highly original elaboration of the relationship between autobiography and literary invention. This juvenile “literary worksite” of Ceresa's, which for the sake of convenience we shall call here "imaginary autobiographies”, is in fact traversed by the author's desire to experiment with the reversal of the literary genre maximally devoted to the direct account of the self. In fact, in these writings-which the author ironically titles or subtitles "autobiographies"-we find four characters far removed from Ceresa's identity, describing their lives in the first person: a cannibal, a small child, a successful man, and an old man with a beard. In this article we will present the “literary worksite” of Ceresa's imaginary autobiography which, like the author's other unpublished material, is preserved in the Ceresa Fund, contextualizing it in the author's contemporary poetic reflection, as well as in her broader narrative production. In addition to this, some first thematic and stylistic interpretations of the texts will be put forward, examining the first two stories.

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pubblicato

2024-07-08

come citare

Rodesino, Francesca. “Alice Ceresa Tra Autobiografia E Deformazione”. Altrelettere, vol. 13, 2024, https://doi.org/10.5903/al_uzh-95.