Wellington 2013 – Tastefulness: Fashion, Food, Lust and Domesticity in Matilde Serao’s "La virtù di Checchina" (1884)
DOI:
https://doi.org/10.5903/al_uzh-28parole chiave:
genere, cibo, ribellione, Matilde Serao, moda, Wellington 2013abstract
Nella cultura occidentale la relazione tra il cibo e le donne è stata sempre percepita come la metafora di qualcos’altro. Dall’episodio biblico di Eva e la mela fino alla società postmoderna, le abitudini alimentari femminili sono state interpretate non solo come manifestazione di necessari atti di nutrizione ma anche come modi per esprimere affetto, sessualità e tendenza al peccato. Allo stesso tempo, il modo di vestire è stato spesso letto, nel corso dei secoli, come uno strumento chiave per esprimere il sé e l'identità di genere.Nella seconda metà dell’Ottocento la neurologia, la psichiatria e la ginecologia, appoggiate dall’ideologia patriarcale, avevano esplicitamente contrassegnato la donna come una creatura instabile. Si pensava di conseguenza che una dieta rigorosa avrebbe potuto controllare il pericoloso appetito sessuale femminile. Se preparare i pasti per la famiglia era senza dubbio sinonimo della tradizionale disponibilità femminile a prendersi cura degli altri, si considerava che mangiare alcune pietanze o astenersi da altre contribuisse a regolare l’indole delle donne. Il corsetto, un importantissimo accessorio dell’epoca, era anche un mezzo di controllo fisico e morale in grado di interferire positivamente sul carattere, ritenuto instabile, della donna, sulle sue abitudini a tavola e sulla sua sessualità, con un richiamo dunque al discorso sul cibo.
Il racconto “La virtù di Checchina” (1884) di Matilde Serao (1856-1927) presenta numerosi passaggi in cui la preparazione del cibo per la famiglia e l’ossessione per la moda sono al centro del discorso. In queste pagine l’autrice descrive anche la frustrazione di Checchina nel dover agire secondo il ruolo che le è stato imposto dalla società del tempo. Con un tono ilare, Serao descrive le costrizioni sociali e le contraddizioni culturali che la donna borghese italiana è costretta ad affrontare a fine Ottocento. Analizzando la routine giornaliera di Checchina tra la cucina e la camera da letto, in questo articolo dimostro che per la protagonista le attività che coinvolgono cibo e vestiti sono sinonimi di qualcos’altro: un modo per esprimere i propri sentimenti, comunicare il proprio stato emotivo e rifiutare il ruolo sociale assegnatole dalla società patriarcale in un periodo storico in cui viene promossa un’identità femminile fragile ed asessuata.
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pubblicato
2015-02-16
come citare
Calamita, Francesca. «Wellington 2013 – Tastefulness: Fashion, Food, Lust and Domesticity in Matilde Serao’s “La Virtù Di Checchina” (1884)». Altrelettere, febbraio 2015, pagg. 24-44, doi:10.5903/al_uzh-28.
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